Che invidia, Loison!

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Era un pezzo che mi ripromettevo di andarci e finalmente ce l’ho fatta. Varcare la soglia del regno di Dario Loison, per un fanatico del panettone, valeva bene la trasferta a Costabissara (VI). Prima ancora che un produttore, Loison è un autentico appassionato. I libri che possiede sull’argomento li avevo visti solo alla Biblioteca Sormani di Milano. Ha un’intera collezione di memorabilia sul tema. Un solo esempio: un annuncio pubblicitario ottocentesco della pasticceria Baj di piazza Duomo angolo via di S. Radegonda a Milano, in cui il panettone è effigiato nella sua veste originaria, priva di fascia di carta.

DSCN3364Quella di Loison è un’azienda alla terza generazione. Tutto comincia dal nonno Tranquillo, che nel 1938 apre un forno a legna per la panificazione a Motta di Costabissara. Per andare oltre il pane, comincia a proporre ai suoi clienti  focacce con fichi e uvetta. È il figlio Alessandro, però, che si lancia con più decisione nella produzione di dolci. Nel 1946 con le creme, le torte nuziali e la pasticceria a peso, poi dal 1955 si comincia con panettoni e pandori. Il 1958 è un anno importante, perché entra in casa Loison Bruna Alba. Sposandola, Alessandro ha posto le basi per la sua bella famiglia, ma ha anche aggiunto una colonna portante alla sua azienda. La moglie, infatti, si occuperà di produzione e confezionamento, così lui potrà concentrarsi sul settore commerciale.

Lo scettro è passato a Dario nel 1992, dopo le sue esperienze all’estero e nel settore marketing di alcune aziende. Da allora c’è stato il salto di qualità. Gli ingredienti: solo i migliori, non OGM, prevalentemente italiani (preferibilmente veneti), con relative certificazioni di filiera. Uova fresche, burro Corman, uva sultanina di Smirne, canditi italiani (arance siciliane, mandarini di Ciaculli, chinotti di Savona, cedri di Diamante), nocciole piemontesi, pistacchi di Bronte. Come si vede, i presidi Slow Food non mancano. E stavo dimenticando la vaniglia naturale Mananara del Madagascar.

Altri punti di forza della Loison sono l’artigianalità della lavorazione abbinata all’uso delle più moderne tecnologie. Se si visita il laboratorio, la meccanizzazione è veramente poca. Le impastatrici a bracci tuffanti sono poco più grandi di quelle di una normale pasticceria e funzionano alla stessa maniera, cioè con l’immissione manuale degli ingredienti. La scarpatura dei panettoni, ovvero l’incisione sulla superficie superiore, viene fatta a mano. I panettoni sono posti a raffreddare capovolti e l’operazione è manuale. Ho assistito all’estrazione dal forno di una bestia da 10 kg. C’è voluta tutta l’esperienza e la rapidità del maestro Piero e del suo assistente per infilzarlo con le barre d’acciaio e capovolgerlo prima che si afflosciasse: il ritmo di discesa della cupola, a contatto con la temperatura ambiente, è di una velocità impressionante.

Si parlava di tecnologia: le madri vivono in un ambiente isolato, vengono controllate costantemente con il piaccametro e i valori sono annotati su una tabella. Il grado di acidità al quale vengono tenute è piuttosto basso: poco più alto di 4. Questo implica una lievitazione particolarmente lenta. L’intera lavorazione di un panettone dura in media la bellezza di 72 ore. Dario Loison si è inventato anche un sistema di macerazione delle uvette tutto speciale, ma è top secret. Il forno per i prodotti di dimensioni piccole è a nastro, il che consente una produzione massima di 5000 kg al giorno, che viene raggiunta solo nel periodo prenatalizio. I panettoni restano a raffreddarsi prima del confezionamento in un ambiente separato. Entrarci e inspirare è stata una grande soddisfazione. La linea termina con un laboratorio per il controllo qualità. Tutto il procedimento di lavorazione è garantito da un’ampia serie di certificazioni. Che non sono ancora nulla, se non si assaggia il prodotto.

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Dario Loison con il figlio Edoardo, la quarta generazione

Ne ho provati diversi. Il classico, chiamato “a.D. 1476”, in omaggio alle leggende sforzesche. Quello al fico “dottato” di Calabria. Poi quello al chinotto, quello all’amarena, quello alla cannella e chiodo di garofano, definito “Noël”, e infine quello al mandarino di Ciaculli. Che dire, ottimi tutti. La mia personale preferenza va al classico, molto equilibrato, con le note predominanti del burro e della vaniglia Mananara, e a quello al mandarino, una presenza prepotente e antica, che rimette i puntini sulle i in un mondo tristemente colonizzato da clementini e mandaranci senza semi. Dario Loison me li ha fatti degustare con l’accompagnamento di  vini eccellenti. Ho preferito il recioto di Gambellara da uve garganega appassite di Virgilio Vignato, un metodo classico da 24 mesi di fermentazione in bottiglia. Un’alternativa nobile al moscato, sontuosamente adatta a fare da sponda alle squisite paste lievitate di casa Loison.

Avrei potuto raccontare molte altre cose della mia visita lampo a Costabissara, ma un blog non è il luogo più adatto. «Bene: te le terrai per il tuo prossimo libro» mi dice sornione Loison.

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4 Risposte to “Che invidia, Loison!”

  1. Nicolas Protopapas Says:

    Molto interessante.

    Grazie,
    Nicolas

  2. Daniela Says:

    Luigi Baj era il mio bisnonno e ho una fotografia della sua pasticceria di fianco al Duomo. Mi piacerebbe molto vedere la pubblicità del panettone Baj, forse quella in milanese: quand a Milan ghera nancamò i tram a cavai, ghera giamò el panetun Baj o qualcosa del genere. La confetteria è anche citata nel libro Demetrio Pianelli di Emilio De Marchi.

    • Cesare Baj Says:

      Ciao Daniela, mi permetto di darti del tu in quanto sono pronipote di Giuseppe Baj, titolare della pasticceria ed evidentemente fratello di tuo bisnonno Luigi. Dunque siamo cugini.
      Raccolgo da tempo quel (poco) che trovo sulla storia del Panettone Baj.
      Contattami se ti fa piacere vedere qualche pezzo originale.
      Cesare

  3. Bilanci e classifiche « Il panettone Says:

    […] Loison, Costabissara, VI (presente a Re Panettone™ 2008, 2009 e […]

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